YogaItalia n° 75
Quel sacerdote indiano vestito di bianco che parlava di Gandhi e Gesù nel ricordo di Alberto Severi (prima parte)
Mi è stato chiesto da Antonietta di scrivere qualche cosa per ricordare la figura di Padre Anthony Elenjimittam; mi affido al Suo pensiero e alla sua Grazia affinché mi illumini in questo difficile compito.
È vero, lo conosco praticamente da tutta la mia vita, esclusi gli anni dell'infanzia più precoce... ma se poniamo in essere la possibilità che di vite sul piano terrestre ce ne siano più d'una e che la Vita sia per antonomasia uno stato senza inizio né fine, allora chissà quante volte ci saremo incontrati! Dal non saper cosa scrivere, ne è venuto fuori la sua vita vista attraverso i miei occhi, il mio sentire dal Cuore e soprattutto dalle mie emozioni; spero che possa essere gradito a tutti e chiedo scusa in anticipo se risulterò scontato e banale.
Torino, 5 ottobre 2011 La colazione del mattino è rimasta là, il tè fumante, le fette biscottate... Padre Anthony ha lasciato il suo "cappotto", come soleva chiamare affettuosamente il suo corpo fisico, nella notte. Ma la gioia e la serenità che si è sprigionata dalla Sua "cella monastica" che Albina riservava per Lui ogni volta che andava a Torino, è stata incontenibile, ha oltrepassato le pareti e si è espansa per l'aria travolgendo come un'onda impetuosa tutto ciò che incontrava.
Questo l'ho percepito in modo incontrastabile ed è stato poi confermato dalle altre persone che conoscevano il Padre e che in misure differenti Gli sono state vicino. Il Suo corpo fisico, trasformato in cenere ora sta in Assisi, ma verrà trasportato a breve in India, Sua patria natale... poi si vedrà...
Ciò che conta però è il Suo pensiero unificante e l'Amore che ha saputo elargire senza chiedere nulla in cambio a quanti lo hanno compreso.
Avevo conosciuto Padre Anthony 49 anni fa, nel 1962, quando, verso l'ora di chiusura della scuola elementare, all'uscita, ho trovato ad attendermi mia mamma e questo sacerdote indiano vestito di bianco ... strano, mi sono detto, di solito i sacerdoti vestono in nero o i frati in marrone, ma bianco? L'abbiamo accompagnato a piedi verso il seminario arcivescovile di Trieste, dove avrebbe dovuto alloggiare per qualche tempo, in quanto era là per tenere delle conferenze ai seminaristi triestini e udinesi. Un padre indiano, la pelle scura e il vestito bianco ... che contrasto! Qualche giorno dopo venne a casa nostra, invitato da mia mamma e mio papà. Raccontò del suo rapporto con il Mahatma Gandhi, dello yoga – a quel tempo di "yoga" conoscevo solamente i succhi di frutta! – e di una visione del messaggio di Gesù che andava oltre ai racconti che ricevevo al catechismo e alla Messa domenicale. Mio papà, da letterato era molto interessato al pensiero filosofico orientale e forse, da buon cattolico praticante, faceva delle domande che ora mi sembrerebbero quasi banali.
Ma un bambino di sette anni, dopo un po' si stanca delle "chiacchiere" degli adulti e, scalpitando, cerca altre cose interessanti da fare, tra cui anche il correre per casa assieme al mio fratellino.
Negli anni che seguirono Padre Anthony venne costantemente a farci visita due volte all'anno, in occasione dei suoi viaggi in Occidente che alternava ai periodi che passava in India, a Mumbai dove aveva fondato una scuola per i bambini orfani, emarginati e abbandonati sulla strada. Mi coniò un soprannome per il mio modo di essere, così vivace: "Bora, bora di Trieste" ... Vaiyu, la divinità prevedica del vento, dell'aria.
Ricordo ancora adesso gli insegnamenti che negli anni mi passò, dalla non violenza al brahmacharya, dalla unità sostanziale delle religioni al concetto del "Ut Omnia Unum Sint", motto latino fatto risalire all'Advaita Vedanta, il Vedanta non duale. Mi guidò poi, sempre con dolcezza, nella gestione degli affetti di coppia lasciandomi sbagliare diverse volte, come un buon padre che guarda agli errori del figlio senza intervenire, ma che è pronto a sorreggerlo ogni volta che chiede aiuto; nessuna critica, nessun giudizio, ma col suo modo semplice e anche sereno di agire faceva entrare nel terreno più duro anche i semi più nutrienti! Così fu anche per il rispetto degli orari – ero perennemente ritardatario – e per la scelta del mio cammino spirituale. Nel '79 iniziai il mio percorso yoga e dopo qualche tempo iniziai pure a insegnare asana e meditazione. Lo vedevo più raramente a quei tempi, ma ricordo ancora adesso i suoi pensieri sulla vita di Gesù, allora piuttosto innovativi e gli scontri a carattere filosofico con il mio papà rispetto alle interpretazioni più tradizionali sul cristianesimo. Attorno al 2000 sentii forte dentro di me il richiamo ad aiutarlo a seminare nel mondo il Suo pensiero, la Sua parola di Unità. Cominciai ad affiancarlo nei suoi viaggi attraverso l'Italia accompagnandolo alle Sue conferenze. In un passaggio, mi disse che Gli era spiaciuto che mio papà non ce l'avesse fatta a "passare oltre"; gli risposi che era normale, visto che io stesso nei primi tempi in cui avevo iniziato a praticare lo yoga ero fermamente convinto che stessi tradendo Gesù, il Vangelo e la Chiesa, e che il mio destino mi avrebbe portato ineluttabilmente nelle braccia del demonio, tanto forte era stato il condizionamento del cattolicesimo nella nostra famiglia. Evidentemente il seme da Lui gettato qualche anno prima, aveva trovato del terreno fertile e in qualche modo si era sviluppato alla ricerca di un'acqua nutriente per poter crescere ancora.
Facemmo assieme decine di migliaia di chilometri, col bagagliaio della macchina pieno di libri. Una volta, quando aveva più forze, viaggiava da solo, senza chiedere nulla a nessuno, col borsone pieno dei Suoi libri, in treno. Ebbi così l'opportunità unica di seguire centinaia di Sue conferenze, sempre diverse, anche se molte persone continuavano a dirmi che "diceva sempre le stesse cose". Magari in piccoli particolari o in poche cose nuove, ma ogni conferenza portava un significato sempre chiarificatore per coloro che lo ascoltavano col Cuore.
(fine prima parte)

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